Ci racconti qualcosa del progetto Big 3 Palladium Orchestra?
Il progetto è nato nel 2001. Abbiamo semplicemente avuto l’idea di creare un’orchestra-tributo ai nostri padri Machito, Tito Puente e Tito Rodriguez. Come prima cosa ho preso contatti con Tito Rodriguez Jr., io e lui ci eravamo già esibiti insieme e le serate erano andate molto bene. Quindi abbiamo deciso di sviluppare l’idea e abbiamo creato un’orchestra che potesse riproporre la musica delle tre famose orchestre dell’epoca. Ovviamente questo ci ha dato l’opportunità di suonare in prima persona, ma allo stesso tempo ha permesso a coloro che non avevano mai sentito le tre orchestre dal vivo di ascoltare la musica di questi tre grandi artisti.
Che cosa pensi del nuovo boom della salsa tradizionale degli anni Settanta e di quella degli anni Cinquanta come mambo e Latin Jazz e di questo ritorno alle radici da parte di molti musicisti e gruppi?
Io dico sempre che ciò che è “bueno” è “bueno”…passeranno dieci, cinquanta o cento anni, ma la qualità è destinata a durare. La musica che oggi tutti chiamano salsa, che in definitiva è musica afro-cubana, ecc. ecc., è una musica davvero interessante e oggigiorno abbiamo molti artisti di alto livello come Victor Manuel, Gilberto Santarosa, La India, Marc Anthony…gente che sta facendo muovere la musica latina verso il futuro. Tito Nieves è un altro esempio. Noi siamo estremamente felici di vedere orchestre, come ad esempio la Spanish Harlem Orchestra, riprendere temi che furono molto popolari negli anni Settanta dando loro nuovi arrangiamenti e un volto nuovo. Quindi la gente può sfruttare questa musica non una sola volta, ma due. Si ricordano del classico, ma amano anche la nuova versione, così come amavano l’originale. Per noi tutto ciò è ovviamente positivo.
Quali sono stati i musicisti più importanti del passato per la tua formazione musicale?
Devo dire che sono molti. Naturalmente mio papà e mio zio Mario Bauzà. Non posso non menzionare l’influenza della sezione ritmica dell’orchestra di mio padre di quei tempi, che includeva Ubaldo Nieto, Josè Mangual Sr. e Carlo Patato Valdes. Questi maestri mi insegnarono molto dal punto di vista ritmico. A cinque anni iniziai ad ascoltare la musica di Tito Puente, e questo cambiò la mia vita. Nella sua musica trovavo immensa energia e profonda competenza. Per questo mi interessava. Ma sono passati quasi quarantacinque anni e ancora mi interessa! Quindi posso dire che Tito è uno dei miei punti fermi. Poi Dizzie Gillespie, fondamentale per il mio sviluppo musicale, come musicista, come direttore e come amico.
Quali erano le differenze principali tra le tre orchestre del Palladium: Machito, Tito Puente e Tito Rodriguez? (forse qui è meglio cambiare la domanda? Per es.: Come avete scelto i brani da inserire nella scaletta del concerto? Il pubblico ha premiato le vostre scelte?)
Bella domanda….la prima cosa che abbiamo fatto per assicurarci che avremmo ottenuto il “prodotto” da noi pensato….aspetta….no, partiamo da qui…tieni presente che Tito Puente ha inciso 118 LP, Machito ne ha fatti più di cento, Tito Rodriguez sulla settantina…quindi nei nostri raccoglitori abbiamo oltre 2.500 “numeri”, o spartiti, o pezzi, come li vogliamo chiamare. Volendo, potremmo suonare ininterrottamente da qui al 2013, prima che finisca tutto il repertorio! In definitiva, abbiamo provato a selezionare 36 numeri, 12 per ogni artista. Ci sono band che suonano da vent’anni e non hanno nemmeno 12 successi, capisci? Quindi abbiamo cercato di estrapolare i brani che meglio rappresentavano i tre stili. Per quanto riguarda mio padre, l’ho visto meglio rappresentato da un tema popolare come il mambo in Cuban Fantasy e negli altri che sentirete nel corso del concerto. Per Tito Puente, avevamo El Cayuco, Complicación, Oye Como Va, El Palladium Days Mambo…Tito Rodriguez a nostro parere era da portare alla ribalta con splendidi cha cha cha come El Moldo de la Loca, oppure con un capolavoro come Avísale a mi Contrario. Ma i brani sono davvero tanti…e quando ti trovi con l’orchestra, alla fine devi fare una scelta. E quindi ci siamo messi a fare l’ultima selezione tenendo presente la necessità di un bilanciamento…ci serviva qualcosa di veloce, poi qualcosa di più lento, ma allo stesso tempo che tenesse vivo l’interesse del pubblico, poi ancora veloce, poi morbido… La cosa più difficile è stata in definitiva la selezione, che doveva attrarre anche una nuova generazione. Direi che ci siamo riusciti. In questi mesi stiamo girando molto anche in Europa e stiamo iniziando a vedere i risultati di questo lavoro. Siamo stati in Finlandia, a Roma, in Francia…principalmente per festival del jazz. E negli Stati Uniti abbiamo suonato da costa a costa: New York, Philadelphia, Chicago, Detroit, Los Angeles, San Francisco. E lavorare con i due Tito è stata davvero un’esperienza favolosa. A tutti quelli che mi chiedono com’è lavorare con loro rispondo sempre allo stesso modo: Tito è come il giorno, Tito è come la notte…e per me è il massimo, perché se entrambi fossero il giorno o entrambi la notte, non potremmo mai lavorare insieme. Dal momento che abbiamo questi due estremi e io mi posiziono tra loro, la relazione che abbiamo è estremamente bilanciata, poiché ciascuno ha una sua precisa personalità. Direi che abbiamo anche trovato un mezzo dove incontrarci in perfetta sintonia, che è la musica, sebbene ognuno di noi abbia una propria orchestra e progetti personali. Ma se c’è la possibilità di suonare insieme, questa per noi è la priorità.
Quali artisti sono per te i più rappresentativi per la storia della Salsa, o del Mambo?
Sai benissimo che devo nominare Machito, Puente e Rodriguez…ma anche Ray Barretto, Eddie Palmieri, Johnny Pacheco…mi piacciono molto Xavier Cougat, Josè Curbelo…. Sono quelli che hanno aperto una porta in modo che gli altri potessero entrare. Ora abbiamo artisti molto bravi come Marc Anthony, ad esempio, o Tito Nieves, che hanno portato questa musica ad un altro livello. Sono quelli che hanno contribuito e che contribuiscono maggiormente a far conoscere queste sonorità al mondo.
Oggi si usa molto la etichetta di salsa Dura o Salsa Brava, negli anni Settanta si utilizzava questa parola?
Sì, la chiamavano anche Salsa Monga…tutte queste etichette vengono dai musicisti, in generale, a cui piace la musica un po’ più aggressiva. Vedi, la musica la puoi suonare in tre modi. Puoi suonare prima del beat, sul beat, o dopo il beat. Quando dicono salsa monga, ad esempio, stanno suonando un ritmo un po’ behind/palante. Forse questi modi di suonare sono la ragione di queste definizioni. Come quando si parla di salsa romantica, oppure erotica…capisci?
Secondo te, cos’è la Salsa?
Come diceva Tito Puente…la salsa è di pomodoro…il ragù…la pasta Buitoni…o quella che vuoi per i rigatoni…chi più ne ha più ne metta! Il termine Salsa ha sempre racchiuso in sé tutto. E nella nostra cultura è anche un termine di apprezzamento. Se senti una musica che ti carica, puoi dire “Ehi, che salsa questo pezzo!”. Così come quando vedi una bella ragazza con un fisico da urlo non puoi trattenerti dal dire “Ragazzi!! Che salsa quella tipa!” . Ci sono sicuramente molti significati, io non ho problemi con il termine inteso in senso musicale…figurati che anche mio padre ha inciso un LP dal titolo “Machito and his Salsa Big Band”. Lui era un pioniere, ma accettava di essere chiamato salsero in tutto il mondo. Quindi….SALSA? Yeah! That’s allright with me!
È corretto dire che negli anni Cinquanta il Latin Jazz era più facilmente ballabile rispetto a molte produzioni odierne, rivolte più all'ascolto che al ballo?
Stasera avremo un esempio perfetto di questo…Cuban Fantasy, El Moldo de la Loca, Babarabatiri…tutto questo è jazz, jazz afro-cubano! Machito diceva: “Io suono quello che mi piace suonare, ma la mia musica è fatta per chi balla, e la faccio in modo che il ballerino si senta a suo agio, comodo nel ritmo”. Magari non c’è coro, non c’è il cantante, ed è un brano solo strumentale, però è molto ballabile, è jazz afro-cubano. Oggigiorno quando si suona latin jazz, o jazz afro-cubano, lo si fa principalmente per chi ama ascoltarlo. Per noi e per i nostri padri è l’esatto contrario.
Pensi che il reggaeton possa significare la fine della Salsa o è un genere che si può fondere con essa?
Io sto per uscire con una produzione reggaeton. Mio padre Machito aveva pubblicato un pezzo intitolato La Sopa de Pichón, quindi non farò altro che prendere quel pezzo e trasformarlo in un reggaeton. E per questo ho già contattato Fat Joe, lavorerò con Fulanito e senza dubbio collaborerò con Tito Puente Jr., che conosce molto bene il genere. E, sarò sincero, tutto questo perché, come dicono gli americani: “If you can’t beat them, join them!”.
E cosa pensi della nuova musica popolare ballabile cubana chiamata Timba?
A dire la verità, non mi pare che la timba sia un genere nuovo, secondo me la suonano da almeno cent’anni…Tata guínes, Los Papines…sono tutti miei amici e sono rumberos importanti e musicisti di rilievo, e come tali si sforzano di portare la musica in altre direzioni, un passo avanti, come ho già detto. A Cuba spopolano Los Van Van, portatori di ritmi nuovi…ma a ben guardare si tratta di ritmi basici ben precisi su cui i musicisti lavorano in continuazione. E la timba senza dubbio è sabrosa…perché è un genere da ballo.
Pensi che il futuro della salsa, del mambo moderno e del Latin Jazz sia nel boom del ballo che sta spopolando in tutto il mondo?
Sì, penso proprio sia così. Per quanto riguarda il latin jazz, ieri sera abbiamo avuto un esempio classico. La serata, inserita nel contesto di un festival jazz in Finlandia, vedeva come ospiti anche la Land of the Sun Orchestra di Charlie Haden, che ha appena vinto un Grammy come migliore orchestra latin jazz. È una musica così “sottile”, così bella, così…piena di pensiero, che rimani lì seduto a bocca aperta, senza poterti muovere. Una musica stupenda. Quando è salita sul palco la Big 3 Palladium Orchestra, con tutto quel ritmo trascinante, la gente si è alzata e ha cominciato a ballare. Questo è quello che voglio e che mi soddisfa…e penso che per fare in modo che il latin jazz abbia uno sviluppo ulteriore, forse sarebbe necessario legarlo maggiormente al ballo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Come ti dicevo, ora sono in una fase reggaeton. Poi sto pensando di riproporre il lavoro dei Big 3 Palladium, ma questa volta con una registrazione in studio. Ho in programma un tour con la mia orchestra negli Stati Uniti non appena rientrerò dall’Europa: New York, Philadelphia, Cleveland, Boston, Washington D.C., fino a San Diego. Starò fuori casa sette settimane, ma non vedo l’ora perché per me portare musica alla gente è davvero importante. Come vedi gli impegni personali non mancano, ma per i Big 3 ho sempre la massima disponibilità, perché è un progetto molto importante per me.
È la prima volta che vieni in Italia?
No, figurati! Sono già venuto una marea di volte, soprattutto in vacanza! Sono stato a Perugia, Orvieto, Sanremo, Ischia, Verona, Venezia…è solo la seconda volta che vengo a Milano, e domani partiamo per Roma. Pensa che proprio vicino al Colosseo c’è la Piazza del Grillo…visto che è la piazza dei miei antenati, voglio andare a fare una foto! E in generale, sai cosa mi piace di più di questo paese? La lingua…è una lingua così sensuale e romantica. Quando chiedi a una donna delle informazioni su come arrivare da qualche parte, è così strano sentirsi dare la risposta in uno dei modi più sexy che tu abbia mai sentito. Sei lì e ti squagli in un secondo pensando che ti sei innamorato di lei solo perché ti ha detto due parole in quel modo! Quindi, la lingua è sicuramente un elemento di immenso fascino per me. E poi…abbiamo un sacco di donne latine molto belle o comunque affascinanti…pensa a Jennifer Lopez, o a Penelope Cruz…ma sai chi è per me la donna latina più affascinante in assoluto? Sofia Loren! Quindi, non posso che confermare che l’Italia è un paese meraviglioso con una splendida lingua e splendide donne!